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I “60” ANNI DI CANNES

di Danila Elisa Morelli©

Il Festival International du Film di Cannes, come un buon vino francese, con gli anni acquista sapore e valore.

Giunto ormai al cinquantaduesimo compleanno, invece di invecchiare sembra ringiovanire. L’edizione di quest’anno, infatti, accende i riflettori su giovani autori fino a poco tempo fa relegati alla Quinzaine, la sezione del Festival destinata alle opere cinematografiche indipendenti. Un’edizione “giovane”, dunque, quella che animerà la Croisette dal 12 al 23 maggio 1999. La si potrebbe addirittura definire trasgressiva; ne è la prova la rappresentanza americana composta da autori per certi versi ritenuti “scomodi”: Tim Robbins (regista di Cradle Will Rock), Jim Jarmusch (Ghost Dog: the way of the Samourai), David Lynch (The Straight Story) e John Sayles (Limbo). Di questi quattro solo Sayles può contare sul supporto di una major, la Columbia. E l’Italia? L’anno scorso si fece un gran parlare del “duello” Moretti – Benigni, quest’anno il tricolore sarà rappresentato da Marco Bellocchio, regista dell’unico film italiano in gara, La balia.

In attesa di conoscere aneddoti e retroscena, vincitori e vinti della rassegna appena iniziata, sveliamo alcune curiosità della storia del Festival più glamour d’Europa.

LE ORIGINI Gli anni Quaranta volgevano al termine: alcuni intellettuali presentarono al governo francese una petizione per la creazione di un festival cinematografico che, a detta di Philippe Erlanger, direttore del comitato organizzativo, potesse costituire "una manifestazione di unione e d’amicizia fra i popoli”. Lo scopo non ufficiale era però un altro: fare la concorrenza alla Biennale di Venezia, accusata di promuovere e premiare solo i film di Regime. Fra i promotori del progetto spiccava il nome di Louis Lumière, inventore con il fratello Auguste del cinematografo. Le città aspiranti al ruolo di sede della manifestazione erano tante: Lucerna, Ostenda, Biarritz,… La spuntò Cannes, una delle località turistiche più rinomate della Costa Azzurra i cui scaltri amministratori promisero la costruzione di un “palazzo del cinema”.

LA FALSA PARTENZA La prima edizione del Festival International du Film avrebbe dovuto avere luogo dall’1 al 20 settembre 1939. Tutto era pronto: i manifesti portavano la firma del pittore Jean-Gabriel Domergue e la Metro Goldwyn Mayer aveva promesso la presenza delle sue più celebri star. Se tutto fosse andato a dovere, quest’anno festeggeremmo la sessantesima edizione del Festival. In realtà, al termine della proiezione del primo film in concorso, Notre-Dame di Wilhelm Dieterle con Charles Laughton, la notizia dell’invasione della Polonia da parte dei tedeschi causò la brusca interruzione della manifestazione e perché le luci si riaccendessero sulla Croisette fu necessario attendere ben sette anni: il 20 settembre 1946, in aperta concorrenza con la Biennale di Venezia, cominciò la prima vera edizione del Festival.

Star hollywoodiane, feste esclusive, automobili di lusso e uno slogan roboante (“i più bei film del mondo nell’ambientazione più bella del mondo”): l’avvio del Festival era già all’insegna dello sfarzo e del glamour che ne avrebbero caratterizzato tutte le successive edizioni.

Quell’anno parteciparono diciannove Paesi con quarantanove lungometraggi ed ottantasei cortometraggi. Nonostante gli sforzi profusi, i disguidi non mancarono: basta ricordare la disastrosa proiezione di Notorius, il film di Alfred Hitchcock i cui rulli furono presentati nell’ordine sbagliato. L’episodio fu definito da molti un vero e proprio “sabotaggio”.

Con il passare degli anni, i motivi di rivalità con la Biennale andarono affievolendosi e così nel 1951 la collocazione temporale del Festival di Cannes passò dall’autunno alla primavera. Nel 1955 fu istituita la Palma d’Oro, il premio destinato alla migliore pellicola in gara. Il primo ad esserne insignito fu Delbert Mann per il film Marty.

GLI ANNI “BUI” Oltre alla falsa partenza del 1939, il Festival di Cannes dovette subire altre tre brusche interruzioni. Nel 1948 e nel 1950 fu annullato per mancanza di fondi. Nel 1968 invece fu boicottato, prima ancora di iniziare, dai giovani sessantottini che protestavano contro il licenziamento di Henri Langlois, fondatore della Cinémathèque Française. Si schierarono immediatamente con gli studenti contestatori registi come François Truffaut, Jean Luc Godard, Roman Polanski e attori come Yves Montand e Simone Signoret. Nell’arco di pochi giorni si formò addirittura un “Comitato per la difesa della Cinémathèque” appoggiato da Orson Welles, Charlie Chaplin, Ingmar Bergman, Akira Kurosawa. Il 10 maggio, data d’inizio del Festival, l’atmosfera era decisamente elettrica: alcuni registi impedivano il regolare svolgimento della rassegna e Truffaut arrivò addirittura ad auspicarne la definitiva cancellazione. Dopo alcuni eventi spiacevoli (fra i quali il pugno di Godard contro un’ignara Geraldine Chaplin), i membri della Giuria cominciarono a dimettersi l’uno dopo l’altro. Persino Roman Polanski, inizialmente a favore della protesta, se ne andò criticando coloro “che giocavano a fare la rivoluzione”. Risultato: il Festival fu interrotto e venne creata la Quinzaine des Rèalisateurs.

LA GIURIA Scegliere i giurati chiamati a pronunciarsi sui film in concorso non è mai stata impresa facile ed i criteri di selezione sono cambiati con il passare del tempo. Nelle prime edizioni del festival, la parola d’ordine era “diplomazia”. Per non fare torti a nessuno, la rassegna del 1946 vedeva schierati in giuria diciannove membri, uno per ogni Paese in gara. Forse per reazione a questo eccessivo “buonismo”, dall’anno seguente e fino al 1953 la giuria fu composta solo da francesi. Ben presto le cose cambiarono di nuovo e la commissione giudicatrice assunse le caratteristiche attuali comprendendo membri scelti tra i professionisti del settore e provenienti da ogni parte del Mondo. Una curiosità: la prima donna presidente di Giuria fu l’attrice Olivia De Havilland. Era il 1965.

LE STARLETTE Con questo termine si indicano tutte le giovani e procaci fanciulle che affollano la riviera nei giorni del Festival in cerca di popolarità. La prima starlette si chiamava Simone Sylva: nel 1954 lasciò cadere il suo reggiseno lanciandosi fra le braccia di Robert Mitchum. Da allora in poi, i clic dei fotografi sono equamente distribuiti tra le dive cinematografiche, i registi blasonati e le giovani sconosciute disposte a mostrarsi più o meno discinte per un attimo di fama. Per la cronaca, la giovane Sylva si suicidò sei mesi dopo l’episodio descritto.

B.B. Non si può parlare del Festival di Cannes senza ricordare la figurina snella e il musetto vezzoso della regina della Croisette, Brigitte Bardot. B.B. fece la sua comparsa a Cannes nel 1953 accanto al marito Roger Vadim. Appena diciottenne incantò tutti: si narra addirittura di una colletta organizzata dai fotografi allo scopo di prolungarle il soggiorno di una settimana.

HOT D’OR Contemporaneamente al Festival International du Film, Cannes ospita un’altra interessante rassegna cinematografica, quella degli “Hot d’Or”, i premi Oscar del cinema porno. Capita così che accanto a registi e ad attori noti al grande pubblico, si possano incontrare sulla Croisette vere e proprie celebrità del cinema hard. E se l’anno scorso il Festival “serio” ha premiato Theo Angelopoulos e Roberto Benigni, il contro-Festival ha celebrato due italiani come Luca Damiano, regista del remake La bella e la bestia, e il piemontese Robert Malone, migliore attore porno europeo per la sua interpretazione in Le notti della presidentessa.

IPSE DIXIT Jack Lemmon “E’ un circo”; Richard Gere “E’ un grosso supermercato”; Roman Polansky: “E’ uno zoo, ma gli animali non piacciono forse a tutti?”; Jake Eberts: “dieci anni fa (…) era un festival dove ci si divertiva: vedevi un sacco di film, bevevi un sacco, mangiavi un sacco, scopavi un sacco. Adesso si fanno solo affari: compra e vendi, vendi e compra”.

ANEDDOTI Gli episodi curiosi relativi al Festival sono molti. Tennessee Williams, presidente di Giuria nel 1976, si trasferì all’Hotel du Cap perché il suo cane non gradiva l’ascensore del Carlton! E che dire della bagarre che contrappose nel 1977 Roberto Rossellini, presidente di Giuria, e Bessy, direttore del Festival? Il primo voleva far vincere Padre Padrone dei fratelli Taviani, il secondo preferiva Una giornata particolare di Ettore Scola. Rossellini la spuntò, ma a detta di alcuni furono i malumori di quei giorni ad aggravarne le condizioni fisiche affrettandone la morte, avvenuta poco dopo la conclusione della rassegna. Ancora celebre è poi il dialogo tra Favre Le Bret, direttore esecutivo del Festival, e la presidentessa di Giuria Françoise Sagan che si lamentava di dover pagare le telefonate fatte dall’albergo dichiarando che le avrebbe fatte anche da casa sua. Favre Le Bret rispose secco “Sì, e le avrebbe dovute pagare anche lì”.